Il mio approccio allo Yoga

Il mio approccio allo Yoga

Cari amici di Yoganubhava, il mio approccio allo Yoga è del tutto personale, e vorrei fare con voi alcune considerazioni riguardo le eventuali differenze di questo metodo rispetto ad altri metodi conosciuti.

Ho iniziato lo Yoga frequentando un corso quando ancora ero uno studente di medicina. Con la pratica di neti kriya sono guarito da una ricorrente sinusite invernale e da frequenti emorragie al naso d’estate. Ho potuto anche osservare come nel centro da me frequentato venissero curati con buoni risultati casi di tubercolosi e di depressione mentale. È nata così la mia curiosità di comprendere il ‘modus operandi’ delle tecniche dello Yoga, e per questo ho deciso di entrare nel 1959 nell’Istituto Kaivalyadhama di Lonavla, unico centro in tutta l’India, e forse nell’intero mondo che all’epoca faceva ricerca nel campo dello Yoga.

Per poter condurre una ricerca vera e propria presi una seconda specializzazione in fisiologia e scelsi come tesi per il mio dottorato lo studio di Kapalabhati. Questo tema veniva trattato per la prima volta a livello di tesi universitaria. Ricordo che il mio relatore mi chiese come io o un eventuale insegnante di yoga potessimo essere certi che Kapalabhati fosse praticato ed esperimentato in modo corretto. Allora non trovai una risposta, ma quella domanda non fu dimenticata.

Nel 1972 fui designato dal Governo Indiano a presentare lo Yoga in Cecoslovacchia su richiesta dello stesso Governo Ceco desideroso di riconoscere ufficialmente questa disciplina. Fui invitato a presentare lo Yoga da medico ad un pubblico di esperti nei vari rami della medicina; essi avrebbero dovuto certificarne la natura scientifica.
In effetti la scientificità fu poi riconosciuta e subito iniziarono corsi sia a livello riabilitativo che preventivo. Continuai a visitare regolarmente la Cecoslovacchia fino al 1985. Durante il medesimo periodo iniziai a visitare anche altri paesi europei dove potei partecipare a Congressi ed a Seminari.

Fu proprio durante un mio soggiorno in Francia che un gruppo di praticanti di yoga mi pose una domanda molto curiosa: come mai, nonostante la loro lunga pratica delle tecniche yoga, ancora non avevano ottenuto tutti quei benefici che i testi yogici menzionavano?
Forse le tecniche yoga non erano da loro praticate in modo corretto, forse non erano state loro bene insegnate, o forse le affermazioni dei testi riguardanti i benefici ottenibili non erano vere.
Non seppi che cosa rispondere, ma queste osservazioni mi fecero riflettere e fu così che decisi di orientarmi verso un metodo che, partendo dai concetti espressi nei testi, venisse praticato su base esperienziale e portasse verso il raggiungimento di quegli stati descritti dai testi.

Concept based, experiencing oriented yoga education and therapy“, si tratta di una educazione yoga con valore terapeutico basata sui concetti tradizionali e orientata all”esperienza individuale, in cui le tecniche vengono insegnate e date all’allievo come strumento utile per una pratica personale.

Negli anni a seguire incontrai molti insegnanti di yoga e mi resi conto che si tendeva a puntare prevalentemente sulla pratica di asana, mentre c’era un reverenziale rispetto, e a volte anche un vero timore, nei riguardi delle pratiche di pranayama, per non parlare delle tecniche di purificazione interiore, i kriya, che producevano un vero e proprio senso di avversione.
Queste osservazioni mi hanno spinto ad approfondire lo studio del pranayama sulla base delle mie conoscenze della medicina moderna.

Praticando a livello personale ho cercato di comprendere i vari concetti yogici relativi al pranayama così come sono espressi nei testi. Ho studiato e compreso nel linguaggio della fisiologia e della medicina moderna termini come:”svasa/prasvasa”, “nadi shuddhi pranayama”, “Ida e Pingala” “Prana”, “cinque Pranas”, “dieci Vajus”, “Kumbhaka Pranayamas”. Ho posto molte domande a me stesso e ad altri riguardo la natura delle sensazioni, delle percezioni e delle esperienze interiori, e mi sono reso conto che la comprensione avviene per via diretta, soggettiva, non attraverso il ragionamento o l’intelletto. Così è nata l’idea di un approccio di Yoga basato sull’esperienza, ora conosciuta come Yoga Anubhava o Yoga Esperienziale.

Ho anche potuto constatare come molte scuole di Yoga, anche le più conosciute in Europa, siano restie a riconoscere il valore terapeutico e curativo dello Yoga e questo nonostante il Samkhya Darshan nei suoi Samkhya Karika inizi proprio dalla sofferenza che affligge l’uomo e ne studi la natura. Patanjali parla di pena e di sofferenza.”Heya, heya hetu , hana ed hanopaya”, si tratta di concetti di natura clinica che riguardano direttamente l’individuo. Anche nello Hatha Pradipika si afferma che lo Yoga può essere un sollievo per la sofferenza.

Ora molti insegnanti di Yoga si stanno aprendo a questa realtà, l’uomo soffre e lo Yoga può essere un valido aiuto nella sofferenza. Io desidero dare il mio contributo e trasmettere le conoscenze acquisite in anni di ricerca e di studio alle generazioni future.

Il mio approccio di Yoga Terapia ha come base una diagnosi yogica che permette poi di lavorare con l’individuo una volta che si è identificato a quale livello, “Kosha”, è presente la sofferenza.
Lo schema del Samkhya diventa lo strumento di lavoro, e la sua applicazione permette all’insegnante di Yoga ed allo Yoga terapista di applicare il metodo in modo veramente rigoroso e rispettoso della tradizione.

Dr M.V.Bhole