Cosa è Lo Yoga Terapy ?
[Incontro rivolto ai MEDICI del policlinico di Padova]
In una conferenza tenuta all’Ospedale di Padova per un gruppo di medici interessati allo Yoga il Dr Bhole ha esposto il suo approccio, questo articolo ne è un estratto.
Appartengo alla medicina moderna e sono specializzato in fisiologia. Subito dopo la laurea ho iniziato a lavorare nel campo dello Yoga, soprattutto a livello di ricerca, ed ho potuto esperimentare già nel 1964-65 l’efficacia delle tecniche yoga sull’asma bronchiale; per quanto ne so, quella è stata la prima seria ricerca sull’applicazione di tecniche yogiche in una particolare patologia.
È iniziato così un lavoro scientifico riguardante le possibili applicazioni terapeutiche dello Yoga che vede oggigiorno utilizzare tecniche di meditazione per la cura di problemi dovuti allo stress.
In pratica, che cosa è lo “Yoga”?
Il termine “Yoga” significa unione, contatto; in effetti, un’unione con qualcuno o qualcosa è continuamente presente, consapevolmente o a livello inconscio. Anche nel sonno profondo siamo costantemente in contatto con una cosa o con l’altra; proprio attraverso questo contatto, ad un certo momento ci risvegliamo e ci attiviamo.
Lo yoga può essere considerato nei suoi due principali aspetti: “Yoga materiale“, alla cui base c’è l’unione con tutti gli oggetti esterni tramite gli organi sensoriali; “Yoga spirituale“, alla cui base c’è l’unione con se stessi. Usando il linguaggio medico, potrei dire che noi possiamo essere coscienti dei vari stimoli sensoriali oppure possiamo attivarci attraverso una stimolazione interiore che potremmo definire “propriocettiva”, “viscerocettiva” o “vestibolare”, sono questi infatti i tre input che ci permettono di stabilire un contatto con noi stessi.
Generalmente nessuno viene educato ad utilizzare o ad indirizzare questi stimoli interni, per cui li percepiamo solo quando ci danno sensazioni di squilibrio o di disagio che cerchiamo di risolvere rivolgendoci al medico o alla medicina o alla psicoterapia o alla fisioterapia. Da medico vi posso dire che la fisioterapia lavora prevalentemente a livello corticale, mentre lo yoga dovrebbe lavorare a livello sottocorticale, cercando di utilizzare il respiro e la consapevolezza posturale. Anche la fisioterapia lavora sul respiro, ma per migliorare la ventilazione polmonare o il drenaggio, non direttamente sulla meccanica respiratoria che è nello yoga il punto di partenza per prendersi cura del paziente.
Come la medicina anche lo yoga ci parla di cavità: cavità dorsale, addominale, toracica, pelvica, craniale, ecc., nello yoga però si cerca di fare un’esperienza di queste cavità. Può sembrare un po’ bizzarro perché in effetti la medicina non ci parla di cavità reali ma di cavità potenziali, mentre lo yoga vuole portare la persona a sperimentare lo “spazio interno”.
Ci sono meccanismi di controllo ai diversi livelli del corpo: a livello spinale, cerebrale e su, fino a livello corticale. Generalmente si pensa che solo i centri corticali siano importanti e che i centri spinali lo siano di meno, nello yoga però noi lavoriamo per segmenti e per livelli, conosciamo l’attività reticolare e l’attivazione ascendente e discendente. Questo non sarà importante per il medico ma è importante per l’individuo che deve praticare. Ci sono centri di controllo anche a livello di ipotalamo; le malattie croniche, in genere, riguardano gli organi interni e i centri di controllo sono a livello sottocorticale, per cui, nello yoga terapy, cerchiamo di aiutare le persone a rendersi conto di questa differenza. Non si tratta di impartire una lezione ma di dare un insegnamento e un’educazione.
Come vi ho già detto, nello yoga diamo molta importanza al lavoro con la “Meccanica respiratoria“. La medicina ci dice che i “Centri Inspiratori” sono nella parte alta del corpo ed i “Centri Espiratori” sono nella parte bassa, in yoga il discorso terapeutico viene impostato proprio su questa base. In yoga il respiro non è preso in considerazione in quanto interscambio gassoso: nei testi yogici non si fa mai riferimento all’anidride carbonica o all’ossigeno, che non sono comunque sperimentabili.
In Yoga si parla di respiro come di una delle fondamentali attività esistenziali. Si può dire che la qualità del nostro respiro equivalga alla qualità della nostra vita senza mai menzionare la qualità dell’ interscambio gassoso, ma riferendosi direttamente alla qualità della meccanica respiratoria e dell’esperienza che si è in grado di farne.
Io vorrei che ogni incontro con l’allievo o con il paziente si trasformasse in qualcosa di esperienziale; invito sempre a fare piccoli esperimenti di tipo pratico che mi servono poi per stabilire una “Diagnosi Yogica“: suddivido il corpo in segmenti orizzontali, a partire dal perineo su fino alla zona clavicolare e alla gola. Prendo in considerazione i quattro piani verticali: anteriore, posteriore, laterale destro e laterale sinistro.
Con l’aiuto dell’appoggio delle mani alle rispettive altezze ed aree invito a fare l’esperienza della presenza o assenza del movimento respiratorio.
Invito a respirare in modo naturale… Subito ci si accorge che il movimento è presente davanti ed è quasi assente dietro, è naturale chiedersi il perché visto che nella respirazione naturale spontanea il diaframma sale e scende e questi movimenti creano variazioni di pressione sia nella cavità addominale che in quella toracica. Perché ciò non avviene anche a livello dorsale? Potremmo dire che il dorso è molto più muscolato che non la parte anteriore, però se la muscolatura dorsale fosse sufficientemente rilassata, dovrebbe rispondere al movimento respiratorio senza problema.
In medicina sappiamo che le tensioni del dorso creano molti problemi di tipo vertebrogenico, tanto che a volte, se il paziente non è in grado di rilassare i muscoli, si cerca di farglieli rilassare artificialmente. In yoga preferiamo agire attraverso allungamenti passivi e pratiche di rilassamento muscolare; il riscontro che i muscoli dorsali si sono rilassati ci viene dalla presenza dei movimenti respiratori. Il consiglio che dò sempre, è quello di dedicare alla pratica un po’ di tempo al mattino, prima di iniziare la giornata lavorativa e un po’ alla sera prima di andare a letto.
La correzione e l’esperienza dei movimenti respiratori è la chiave di accesso allo “Yoga therapy”. Attraverso questo tipo di pratiche posso portare il mio paziente a sperimentare se stesso, a prendere coscienza delle zone all’interno del corpo nelle quali potrebbero esserci degli squilibri o delle tensioni ed arrivare così anche ad una “auto-diagnosi”. Si può arrivare ad esperimentare il movimento respiratorio lungo tutto il corpo passando da uno stato di tensione ad uno di rilassamento. E quando l’esperienza avviene a partire dal centro e rimane sul piano orizzontale, si ha la sensazione di avere un comportamento interiore simile a quello del fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono.
Naturalmente, a questo punto è doveroso parlare dell‘importanza dell’insegnante: Come seguire il paziente o l’allievo? Come guidarlo? Quale nuova scala di valori possiamo dargli? Quali sono gli scopi della vita? Quale importanza dare alla qualità della vita?
Dopo aver fatto un lavoro sul piano fisico, si può passare su piani più sottili e questo, in sintesi, è ciò che noi facciamo con i nostri allievi o pazienti, a livello di yoga therapy.
Un’altra pratica molto semplice è impostata a “livello di vista”: in genere siamo condizionati da tutto ciò che vediamo e che crea inevitabilmente in noi un senso di desiderio o di avversione (raga/dvesha). Anche questa pratica ha una base del tutto fisiologica: chiudendo gli occhi, abbiamo sempre una “visione in negativo”, cioè come se fosse il negativo di una fotografia. È un fenomeno fisiologico conosciuto come post-immagine retinica. Passato il primo momento, spariranno le iniziali macchie luminose o forti chiaroscuri; cominceremo a cogliere una percezione di “trasparenza luminosa” che potrebbe rimanere per un po’ di tempo, contribuendo a tenerci in uno stato mentale quieto e non identificato. Davanti a noi non ci sono più oggetti ma c’è “pura luce”. E’ verso la pura luce ed un senso di pace interiore duraturo che il nostro cammino, “tapas”, ci vuole portare.