Psicologia, Meditazione e Yoga nei disturbi psicosomatici

Psicologia, Meditazione e Yoga nei disturbi psicosomatici

Il Dr Bhole ha tenuto un corso per psicologi a Mestre presso l’Istituto Superiore Salesiano di Ricerca Educativa sul tema “Psicologia, Meditazione e Yoga”. Si è parlato del disagio dell’essere e delle tensioni psicosomatiche che ne sono alla base. Il testo sotto riportato è parte del lavoro svolto durante il seminario.

 

«Il termine Yoga può essere inteso in vario modo a seconda che venga utilizzato come sostantivo o come verbo. Parlando di Yoga in termini di connessione si può pensare ad un processo di unione che dura nel tempo fino a quando non subentra il processo inverso di disunione e questo può essere spiegato anche in termini di medicina moderna. Ma Yoga può anche essere inteso come “Samadhi”, uno stato percepito dall’individuo come puro stato di equilbrio, di integrazione e di pace interiore.

In medicina il sistema nervoso ci viene spiegato in termini di sistema afferente o sensoriale e di sistema efferente o motorio. Attraverso l’attività sensoriale abbiamo la possibilità di percepire e sentire, mentre l’attività motoria comporta attività muscolari, secrezioni ghiandolari e reazioni immunologiche. In Yoga viene usato il termine “karma” in relazione alle attività motorie e “Jnana” in relazione alle percezioni che danno accesso a conoscenza di Sé.

Quando siamo in unione con le nostre azioni si parla di Karma Yoga, mentre se siamo in unione con le nostre sensazioni e percezioni il termine di riferimento è Jnana Yoga. Per l’educazione che riceviamo fin dalla prima infanzia prevalgono stati di unione con le azioni in cui siamo coinvolti e di conseguenza con l’ambiente esterno nel quale operiamo. Il nostro modo di pensare, di sentire, di prendere delle decisioni è sempre di tipo oggettivo e porta a totale identificazione con il mondo esterno.
Di tanto in tanto però accade che qualcosa ci riporta verso di noi sia a livello di corpo che a livello di mente: sentiamo di avere fame, sete, proviamo un dolore o una tensione, siamo in ansia o preoccupati o frustrati. Naturalmente ci possono anche essere sensazioni positive come la gioia, il sentirsi felici, soddisfatti.

Tutte queste esperienze riguardano il “Sé” e possono essere disturbanti e destabilizzanti o possono aiutare l’individuo a crescere e ad organizzare la propria vita in modo positivo. Quando non ci sentiamo a nostro agio cerchiamo di cambiare i nostri comportamenti in modo da recuperare uno stato di benessere e di equilibrio. Se non ce la facciamo da soli spesso ricorriamo a mezzi esterni come la medicina, la psicoterapia, lo svago, le pratiche religiose e lo facciamo nel nostro stesso interesse, perché vogliamo stare bene.

In quanto individui noi utilizziamo costantemente sia il nostro corpo che la nostra mente attraverso l’energia vitale e gli impulsi nervosi. Purtroppo a volte capita che ci sia un abuso o un eccessivo utilizzo di questi meccanismi: è il momento in cui si comincia ad sperimentare disagio e stress e si ricorre allo Yoga per ristabilire corrette connessioni con il corpo e con la mente e poter così ritornare in equilibrio o “Samadhi”. Entro certi limiti lo Yoga potrebbe essere inteso come una ideale disciplina di auto-aiuto coadiuvante negli stati di tensione psicofisica.

Alcune pratiche sia fisiche che mentali sono peculiari nello Yoga e si differenziano dalla comune ginnastica, dalle attività sportive, dalla fisioterapia o dalla psicoterapia. Le tecniche dello Yoga vengono date all’individuo per renderlo indipendente “sva-tantra”, mentre altri approcci tengono la persona legata e dipendente da oggetti esterni (da medicine, dal terapisti, da rituali, da oggetti).

Lo Yoga segue una via che tiene in considerazione vari aspetti della nostra vita. In genere è la mente che si impone sul corpo e sul respiro. In Yoga si interrompono tutte le azioni che hanno a che fare con il mondo esterno e si lascia che siano corpo e respiro a comunicare alla mente le proprie sensazioni attraverso i meccanismi della propriocezione e della viscerocezione.
L’individuo ha così la possibilità di intraprendere azioni adatte al rilascio delle tensioni e alla eliminazione di quei fattori disturbanti responsabili dell’insorgere delle tensioni e dei disagi.
Fin dalla nascita le diverse parti del corpo ed i diversi organi diventano la sede di varie sensazioni ed esperienze che possono essere di natura positiva o negativa e che a volte si trasformano in emozioni, pensieri e comportamenti. Gli stimoli positivi danno gioia ed appagamento ma quelli negativi lasciano spesso tracce profonde che vengono nascoste trasformandosi in tensioni psicofisiche in relazione a quella particolare parte del corpo o organo a cui sono collegate.

In Yoga si lascia che tensioni soppresse, emozioni, pensieri e comportamenti emergano a livello conscio mantenendo un comportamento distaccato, da “spettatore”, per poi aiutarsi a liberarsene con l’aiuto di pratiche fisiche “Asana”, pratiche respiratorie “Pranayama” e momenti meditativi “Dharana e Dhyana”. In alcuni casi vengono proposte facili pratiche di recitazione silenziosa o semplici suoni vibratori da abbinare all’inspiro ed all’espiro. Questo aiuta molto a calmare una mente fortemente agitata.

Naturalmente anche lo Yoga ha i suoi limiti!
Non può essere utilizzato in casi di malattia acuta ed una diagnosi medica è sempre consigliabile prima di intraprendere un programma Yogico serio.

Ma c’è un altro aspetto da non sottovalutare: il grado di preparazione degli insegnanti di Yoga che dovrebbero essere capaci di prendersi anche responsabilità individuali nei confronti delle persone che a loro si rivolgono. Ci sono insegnanti di Yoga che non sono in grado di spiegare la natura del lavoro da loro proposto e spesso, da un osservatore esterno, le loro pratiche potrebbero essere benissimo scambiate per ginnastica dolce, stretching o acrobazie.

In quanto educatore, sperimentatore, terapista e ricercatore nel campo dello Yoga per più di quarant’anni, sinceramente credo nell’importanza di saper integrare i più importanti concetti che troviamo negli Yoga Sutra di Patanjali, nel Samkhya Darshan, nella Bhagavad Gita e nello Hatha Yoga nel proprio insegnamento e nella propria pratica e di saperli trasmettere in via esperienziale. Questo modus operandi è forse l’unica via che permetterebbe alle Associazioni di categoria e agli insegnanti di yoga stessi di differenziarsi nel variopinto mondo degli operatori del benessere e di trovare identità professionale nel proporre una disciplina di cui la società moderna ha un grande bisogno».

Dr.M.V.Bhole